La bellezza dà forza e sollievo

Voler bene al proprio aspetto anche quando si sta affrontando una malattia oncologica non è un vezzo, ma una cura. L’importante è affidarsi a mani esperte.

La prima impressione, davanti a questa donna minuta e sorridente, è quella di aver incontrato una fata, piena di entusiasmo e calore. Ma bastano pochi minuti di conversazione per capire che dietro al sorriso c’è una persona rigorosa e determinata, dedicata a una missione tutt’altro che futile: regalare un po’ di benessere alle donne (e perché no, anche agli uomini se lo desiderano) che stanno affrontando il doloroso percorso delle cure oncologiche, attraverso le sue mani e i suoi saperi in ambito estetico. Perché, ci racconta Angela Noviello, «tra le molte difficoltà che un malato di tumore si trova ad affrontare, c’è anche la preoccupazione per i cambiamenti dell’aspetto fisico – la perdita di capelli, le cicatrici, il pallore, le occhiaie – inevitabili conseguenze delle terapie e della chirurgia. Una questione che va oltre la vanità, con un forte impatto sull’accettazione della malattia e la forza psicologica per affrontarla».

I consigli di Angela

Cura dei capelli La perdita parziale o totale dei capelli è l’effetto collaterale più temuto della chemioterapia. A volte cadono anche ciglia e sopracciglia. Si tratta per fortuna di una situazione temporanea che si può rendere meno evidente con l’uso di una parrucca. Appena si comincia il trattamento è utile consultare un esperto del settore e possibilmente tagliare i capelli secondo lo stile della parrucca selezionata.Questo permetterà di tornare più velocemente ai propri capelli naturali una volta ultimata la terapia. Per ciglia e sopracciglia si potrà ricorrere al trucco o al tatuaggio (da praticare prima del trattamento).


Depilazione Non è sempre detto che si perdano i peli, ma l’epilazione con la ceretta è sconsigliata perché troppo traumatica per la pelle resa fragile dai trattamenti. Meglio evitare anche il rasoio manuale per il rischio di ferirsi e la crema depilatoria, troppo irritante. Si può usare invece con una certa sicurezza un rasoio elettrico.


Abbronzatura Chi assume farmaci chemioterapici o è stato sottoposto alla radioterapia deve prestare particolare attenzione all’esposizione solare. Questo tuttavia non significa che si debba rinunciare a stare all’aria aperta in una bella giornata di sole. L’importante è avere qualche accortezza in più: coprirsi con indumenti di cotone, usare un cappello a falda larga, indossare gli occhiali da sole, applicare nelle zone esposte una dose generosa di crema solare, preferibilmente con un filtro fisico.

Come è nato in lei il desiderio di occuparsi di estetica oncologica?
«Più che un desiderio è stata una necessità. Cinque anni fa entra nel mio centro estetico una cliente cui sono molto affezionata, una donna fortissima, sportiva, che ha corso persino la maratona di New York e mi dice che si è ammalata, che avrebbe cominciato le terapie e che non avrebbe più potuto continuare a fare i suoi amati trattamenti perché i medici glielo avevano sconsigliato. Ovviamente la cosa mi colpì moltissimo. Per un anno non l’ho più rivista sebbene mi tenessi informata sul suo stato di salute. Poi un bel giorno torna e mi dice: Angela, sono guarita e ho un solo desiderio, quello di tornare nella mia pelle, per favore aiutami. Un bel problema: non solo la legge vieta alle estetiste di trattare persone malate, ma ci insegnano anche che è meglio non fare nulla per ben cinque anni dopo l’ultima terapia oncologica. In realtà non è che non si possa fare, è che bisogna sapere come. Coincidenza vuole che proprio in quei giorni leggo una recensione di un libro americano scritto da un’estetista pioniera dell’estetica oncologica (Morag Currin, Oncology Esthetics), lo compro e senza pensarci troppo parto per gli Stati Uniti per seguire un corso tenuto da lei. Negli Usa mi si apre un mondo: scopro che l’estetica oncologica non è soltanto una tecnica per ridare un’identità estetica esteriore alle donne che affrontano interventi chirurgici e trattamenti che possono modificarne l’aspetto, ma una pratica complementare, adottata già in parecchi ospedali, per umanizzare le cure e dare sollievo alle pazienti».

Che cosa le hanno insegnato negli Stati Uniti?
«Prima di tutto che, se si è esperti e ben preparati, non bisogna aver paura a eseguire trattamenti estetici alle donne in cura o che sono appena uscite da un percorso ospedaliero. Anzi, si può essere veramente di grandissimo supporto soprattutto nel momento in cui si vivono gli effetti collaterali delle terapie. Poi che non esiste un protocollo di lavoro, ma i trattamenti devono essere personalizzati, adattati al momento in cui la paziente si presenta e soprattutto fatti con l’accordo del medico curante. Infine, cosa che mi ha davvero sbalordito, scopro che l’estetica oncologica non è solo trucco, tecniche di camouflage delle cicatrici o di ricostruzione delle sopracciglia, ma un vero percorso di benessere che può alleviare molti disturbi dati dalle terapie e dare in qualche modo anche un conforto psicologico importante».

In che modo è possibile alleggerire le sofferenze con un trattamento estetico?
«Se un’estetista è ben preparata può fare veramente moltissimo per le pazienti. Penso, per esempio, all’effetto rilassante e antidolorifico del massaggio, confermato anche da molti studi scientifici. Un piccolo ma prezioso momento per dimenticare di essere malati e per farsi toccare in modo “gentile”, piacevole e non invasivo. Oppure prendersi cura della pelle e spiegare come farlo al meglio. Purtroppo i farmaci antitumorali, la chemioterapia e la radioterapia rendono la pelle particolarmente delicata e soggetta a molti problemi, come irritazioni, arrossamenti, desquamazioni… Intervenire con una buona idratazione quotidiana può essere d’aiuto per prevenire e lenire, a patto che si usino prodotti adeguati.
Lo sa che la maggior parte dei cosmetici per la cura della pelle presenti sul mercato, pur essendo del tutto sicuri per le persone sane, non sono adatti ai pazienti oncologici, né durante le terapie né nelle fasi di recupero? Esistono prodotti dedicati ma non è necessario usare per forza creme particolari: basta saper scegliere i cosmetici evitando alcuni ingredienti sensibilizzanti e irritanti come, per esempio, i profumi e l’alcol. Sarà banale, ma anche le unghie non vanno trascurate, perché diventano fragili e possono ammalarsi.
Un’estetista specializzata saprà come effettuare una buona manicure, in modo delicato per evitare infezioni, ma utile per rinforzare le unghie».

Lei ha quindi deciso di “importare” il metodo.
«Sì, nel 2014 ho fondato Oti Italia (www.oti-italy.com), il ramo italiano di Oncology Training International, l’ente americano che prepara le professioniste dell’estetica al trattamento delle persone malate di cancro o in recupero. Organizziamo corsi di formazione altamente specializzati e tirocini sotto costante supervisione di personale medico. Teniamo aggiornate le nostre estetiste su tutte le pubblicazioni scientifiche che ci riguardano. Non è consentita alcuna improvvisazione: l’estetica oncologica deve essere praticata solo da personale altamente qualificato, perché la pelle e il sistema immunitario dei malati di tumore, anche dopo le cure, sono delicatissimi. In questi anni abbiamo formato quasi 300 estetiste. Molte di loro stanno prendendo parte ad alcuni progetti di volontariato in diversi ospedali italiani».

Quindi si può ricorrere ai trattamenti estetici anche negli ospedali pubblici?
«Assolutamente sì. Questa è la parte più impegnativa del mio lavoro: convincere gli ospedali a creare “percorsi di benessere” per i pazienti.
Noi offriamo le nostre competenze a favore delle pazienti a titolo gratuito, ma l’ospedale deve crederci, darci gli spazi in cui lavorare e divulgare il progetto tra gli ammalati. Una delle prime realtà che ci ha creduto è stato l’ospedale San Raffaele di Milano, lanciando “Salute allo Specchio”. Oggi, con le nostre professioniste certificate Oti, siamo in altri 19 ospedali italiani».

Una missione appassionante, ma difficile. Non prova mai sconforto?
«A volte è davvero dura, soprattutto quando arrivano brutte notizie e non c’è il lieto fine. Il coinvolgimento emotivo, non posso nasconderlo, è tanto. Per superare i momenti difficili generalmente mi prendo una pausa da tutto e per qualche tempo torno alla mia “frivola” attività di sempre, nel centro medico-estetico privato che gestisco insieme a mio fratello chirurgo.
Ma poi ricomincio: non posso più farne a meno. Le donne che ho incontrato in questi anni di volontariato al San Raffaele mi hanno dato molto di più di quello che io ho dato loro. Vederle anche solo per un giorno serene, a volte anche allegre e divertite, è davvero una gioia incredibile. E scoprire che grazie ai miei consigli e al mio tocco esperto si sentono meglio sia fisicamente che psicologicamente mi dà una soddisfazione mai provata prima di decidere questo percorso».

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Data: 19 Ottobre 2017